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mercoledì, Settembre 11, 2024
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Autismo: che tipo di supporto va garantito ai genitori e in che modalità [VIDEO]

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Qui di seguito l’intervento della Prof.ssa Paola Venuti dell’Università degli Studi di Trento sul tema del supporto genitoriale e le modalità.

L’utilità di una diagnosi precoce di autismo

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Qui di seguito l’intervento della Prof.ssa Paola Venuti dell’Università degli Studi di Trento sul tema della diagnosi precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico.

Comportamenti ripetitivi e ‘stimming’ nell’autismo.

Interessi limitati e comportamenti ripetitivi costituiscono uno dei due criteri che definiscono l’autismo nel manuale diagnostico per la psichiatria.

Ma questo dominio comprende una vasta gamma di tratti che possono apparire in una varietà di combinazioni e con diversa gravità, tra le persone con autismo.


  • Cosa sono i comportamenti ripetitivi?

Gli scienziati classificano i comportamenti ripetitivi in due gruppi. I cosiddetti comportamenti ripetitivi di “ordine inferiore” che sono dei semplici movimenti: come il battere le mani, agitare gli oggetti, i movimenti corporei e le vocalizzazioni, come grugnire o ripetere determinate frasi. I comportamenti ripetitivi di “ordine superiore”, invece, includono tratti autistici come le routine e i rituali, l’insistenza sull’uniformità e gli interessi più intensi.

  • I comportamenti ripetitivi sono un fenomeno unico per l’autismo?

No. I comportamenti motori ripetitivi si riscontrano anche in altre condizioni dello sviluppo cerebrale.
Per esempio, molte ragazze con la sindrome di Rett si torcono o stringono costantemente le mani.
I comportamenti ripetitivi sono anche caratteristici del disturbo da deficit di attenzione e iperattività, del disturbo ossessivo-compulsivo e della schizofrenia.

I comportamenti ripetitivi fanno anche parte dello sviluppo tipico. I neonati e i bambini possono muovere ripetutamente le gambe, dondolarsi avanti e indietro mentre giocano o agitare le mani per l’emozione. Questi movimenti sono sempre più considerati importanti per aiutare i bambini a capire come funziona il loro corpo e a sviluppare movimenti volontari coordinati.

Questi primi movimenti ripetitivi possono essere più intensi nelle persone autistiche e persistere ben oltre l’infanzia. Detto ciò, anche gli adulti tipici possono mostrare movimenti ripetitivi, come muovere una gamba, tamburellare le dita su un tavolo, ecc.
Inoltre possono nutrire un forte interesse per una particolare band o squadra sportiva, proprio come le persone autistiche quando ci si occupa di un argomento a loro rilevante.

  • Come si è arrivati a intendere i comportamenti ripetitivi come una componente significativa dell’autismo?

I comportamenti ripetitivi sono tra i primi segni di autismo che emergono nella prima infanzia e sono presenti in tutte le persone affette da Sindrome dello Spettro Autistico. Tuttavia, tendono ad essere più pronunciati nelle persone con capacità cognitive inferiori.

Tali comportamenti sono stati riconosciuti come parte dell’autismo grazie agli studi di Leo Kanner e Hans Asperger, i quali hanno notato dei movimenti ricorrenti e una certa insistenza sull’omogeneità già nei primi bambini che hanno descritto.

Tuttavia, per molti decenni la ricerca si è concentrata su un altro grande gruppo di tratti dell’autismo: le difficoltà sociali e i problemi di comunicazione.
Di conseguenza, i comportamenti ripetitivi non sono stati ben studiati e compresi.

Inizialmente, questa categoria di comportamenti non era presente nei criteri di diagnosi dell’autismo come definito nella precedente edizione del “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali”. Nel corso dell’ultimo decennio, gli scienziati sono invece giunti a considerare questi comportamenti come centrali nella definizione di autismo.

  • Cosa lega lo “stimming” ai comportamenti ripetitivi?

Un sottoinsieme di movimenti ripetitivi come volteggiare, battere le mani o le vocalizzazioni sono talvolta chiamati ‘stimming’, inteso come comportamento autostimolante, un termine clinico che alcune persone autistiche hanno adottato, associandolo all’importanza degli “stimoli”.

Tuttavia, alcuni ricercatori criticano il termine ‘stimming’, dicendo che potrebbe di fatto ostacolare l’accettazione di comportamenti ripetitivi.

“Non appena lo si chiama così, si smette di intrattenere concettualizzazioni alternative sul perché le persone autistiche potrebbero fare questo”, dice Matthew Goodwin, professore associato di scienze della salute e informatica alla Northeastern University di Boston, Massachusetts. Se i comportamenti sono visti come meri auto-stimolanti, dice ancora Matthew Goodwin, le persone autistiche possono trovarsi ad essere sottoposte a forti pressioni per reprimerli.

  • I comportamenti ripetitivi hanno una funzione che va oltre l’autostimolazione?

Ci sono poche ricerche concrete a disposizione per rispondere a questa domanda. Alcuni ricercatori hanno suggerito che i comportamenti ripetitivi offrono alle persone autistiche un modo per escludere il mondo esterno. Altri sostengono che i comportamenti non hanno alcuna funzione e riflettono semplicemente un sistema nervoso disorganizzato.

Negli ultimi anni le persone autistiche hanno descritto una grande quantità di funzioni svolte da questi comportamenti ripetitivi.
A volte, dicono che impegnarsi in questi comportamenti è una bella sensazione. inoltre, questi “gesti” possono offrire un modo per calmare la loro ansia, generare o mantenere la consapevolezza del loro corpo, mantenere la concentrazione o affrontare sensazioni ed emozioni travolgenti.

Lo stesso comportamento può avere differenti scopi a seconda della persona, della situazione o dell’umore.

  • I comportamenti ripetitivi possono essere dannosi?

I comportamenti ripetitivi intensi o costanti impediscono alle persone autistiche di impegnarsi in attività importanti, come l’apprendimento a scuola. Occasionalmente possono anche causare danni agli altri o autolesionismo, come ad esempio quando una persona sbatte ripetutamente la testa contro un muro.

Al di là di questi danni, i movimenti ricorrenti possono distrarre le altre persone o, se percepiti come strani da altri, possono avere conseguenze sociali per i soggetti affetti da autismo, rendendo loro più difficile fare amicizia o trovare un lavoro.

  • Come si possono gestire al meglio i comportamenti ripetitivi?

Non esistono metodi affidabili per trattare i comportamenti ripetitivi nell’autismo.
Per molti anni i medici si sono concentrati sull’eliminazione di questi comportamenti nelle persone con autismo. A volte si trattava di metodi estremi, come la prescrizione di potenti farmaci antipsicotici.

Molti medici ora si chiedono se i comportamenti richiedano un intervento, a meno che non si traducano in un danno fisico per la propria persona o per altri.

Quando un determinato atteggiamento distrae o impedisce a una persona autistica di partecipare a scuola o ad altre attività, gli specialisti possono cercare di identificare la funzione del comportamento. Se girare in cerchio in classe aiuta un bambino autistico a calmare la sua ansia, per esempio, il suo medico può cercare di trovare il modo di minimizzare l’ansia o suggerire un altro comportamento calmante che sia meno dirompente.

Nel caso di comportamenti che gli altri potrebbero ritenere strani, i soggetti potrebbero aver bisogno di aiuto per elaborare strategie per rimandarli, fino a quando non sono da sole o con persone non giudicanti. Oppure può semplicemente essere che sia la società, e non le persone autistiche, a dover cambiare.

Convenzione sui Diritti delle persone con Disabilità

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Di seguito presentiamo gli articoli fondamentali della Convenzione sui Diritti delle persone con Disabilità che abbiamo raccolto in un pratico pdf che potete trovare sul nostro Portale.

Clicca qui per scaricarlo.

Università di Trento: aperte le iscrizioni al Master Autismo 2020/21

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Il nuovo Master di I Livello “Metodologie di intervento educativo per soggetti con disturbi dello spettro autistico” è diretto dalla prof.ssa Paola Venuti.

Il Master ha l’obiettivo di formare persone in grado di attuare interventi educativi e didattici per soggetti con disturbi dello spettro autistico e con altre problematiche che ne compromettono le abilità emotive, relazionali e comportamentali.
Iscrizioni aperte dal 31 maggio 2020 sul sito Università di Trento

https://www.unitn.it/ateneo/54003/metodologie-di-intervento-educativo-per-soggetti-con-disturbi-dello-spettro-autistico

Scuola: la didattica a distanza e disabilità

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Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Agnelli, dalla Libera Università di Bolzano, dall’Università LUMSA di Roma e dall’Università di Trento, la didattica a distanza di questi mesi ha creato ulteriori problemi agli alunni e alle alunne con disabilità, specie con autismo e altre disabilità intellettive.

Secondo la Dott.ssa Anna Maria Gioria tali complicazioni possono essere superate “con programmi più personalizzati, un maggiore coordinamento tra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno e ricordando che più che mai c’è l’esigenza della presenza di assistenti specialistici.


Quest’importante ricerca online è stata condotta al fine di comprendere quali siano state le difficoltà maggiori per gli alunni e le alunne con disabilità in rapporto con la didattica a distanza.

Le disabilità maggiormente prese in considerazione sono state quelle riferite all’autismo (31%) e ad altre forme di disabilità intellettive (57%).
Il 44% degli allievi con disabilità è stato ben integrato nelle attività della didattica a distanza della classe e solo per il 19% si sono dovuti attivare percorsi individualizzati; eppure, un alunno su quattro è rimasto indietro.

Inoltre, solamente il 14% dei docenti ha dichiarato di avere già utilizzato la didattica a distanza prima dell’emergenza coronavirus, perciò la maggior parte di loro è stata colta impreparata. Gli stessi insegnanti hanno denunciato la poca attenzione durante i Consigli di Classe nei confronti della capacità dell’utilizzo immediato del materiale da parte degli allievi con disabilità. Solamente il 27% dei suddetti alunni è in grado di utilizzarlo senza il bisogno di fare modifiche, il 50%, invece, necessita di un adattamento parziale del materiale mentre nel 23% dei casi occorre un piano completamente personalizzato.
L’adeguamento del materiale didattico per gli alunni e le alunne con disabilità nel 92% dei casi è stato fatto dai singoli insegnanti di sostegno.

Anche le famiglie hanno fatto registrare molte difficoltà.
I maggiori problemi incontrati riguardano sia le scarse dotazioni (computer e connessione), sia le loro poche competenze informatiche.
E ancora, molti insegnanti hanno dichiarato la loro preoccupazione per la lontananza prolungata dalle scuole, i quali temono che il comportamento, l’apprendimento, l’autonomia e la comunicazione siano seriamente compromesse.

Queste apprensioni sono pienamente condivise dalla FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap). In particolare, si teme per la continuità scolastica e la socializzazione degli alunni con disabilità. Secondo la FISH, l’attuale didattica a distanza non è in grado di rispondere ai reali bisogni degli studenti con disabilità e rischia di emarginarli e isolarli.
In questa situazione viene negato il diritto allo studio, sancito dall’articolo 24 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Per rimediare occorrono, perciò, programmi più personalizzati, un maggiore coordinamento tra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno, e più che mai c’è l’esigenza della presenza di assistenti specialistici.


Ecco alcune indicazioni di base utili ai professionisti e alle famiglie per quanto riguarda l’applicazione della didattica a distanza nell’autismo.

  • FARE UNA RIVALUTAZIONE INIZIALE
    Non potendo più contare su un background a loro conosciuto, quali centri educativi, per i terapisti diventa fondamentale compiere una rivalutazione, focalizzata sulle risorse presenti in casa. Ciò significa anche fare una riunione con i familiari in modo da prepararsi adeguatamente insieme.
  • PARTIRE DA OBIETTIVI MINIMI E STRUTTURARLI GRADUALMENTE
    La maggior parte degli alunni con disabilità non sono stati preparati ad affrontare la didattica a distanza ed è perciò normale che alcuni di loro incontrino una maggiore difficoltà.
    È perciò fondamentale partire per gradi e non porsi obiettivi troppo ambiziosi.
  • FAMILIARIZZARE CON LO STRUMENTO PER LA DIDATTICA A DISTANZA
    Sarà utile associare lo strumento a qualcosa che lo studente già conosce e trova piacevole.
    In quest’ottica, quello che verrà chiesto allo studente sarà di fare qualcosa che già sa fare, su cui già si esercitava, senza introdurre nuovi insegnamenti.
  • OSSERVARE ACCURATAMENTE I COMPORTAMENTI PROBLEMA
    La routine di bambini con autismo viene radicalmente cambiata quando sono costretti, come dall’emergenza COVID-19, a restare a casa. Questo può comportare un aumento dello stress e dei comportamenti problema.
    Fare un’analisi dei comportamenti a distanza è molto complesso. Per ovviare a ciò, i familiari possono registrare dei video da mostrare al terapista per permettergli di svolgere un’analisi più accurata. 
  • PROGRAMMARE DELLE ATTIVITÀ BASATE SULLE MOTIVAZIONI DELLO STUDENTE
    Risulta utile costruire delle attività che partano o che siano associate a elementi, azioni o giochi che piacciono al ragazzo e che permettano così di avvicinarlo agli strumenti della didattica a distanza gradualmente.
  • MANTENERE E GENERALIZZARE LE ABILITÀ NELL’AMBIENTE NATURALE
    Per promuovere il mantenimento delle abilità apprese, oltre al non lasciare che passi troppo tempo senza esercitarle, è fondamentale applicarle in ambiente naturale.
    Sarà perciò utile fare un’indagine specifica con i caregiver sugli ambienti e le risorse disponibili, per progettare un intervento educativo che consenta di mantenere e generalizzare le abilità.
    Durante l’intervento educativo sarà fondamentale effettuare un’accurata raccolta di dati, per tracciare l’acquisizione delle abilità dello studente.

Ricorda che queste sono solo alcune indicazioni generali e che ogni intervento educativo va valutato con i professionisti che lavorano con la persona autistica e che ne conoscono la storia.

Questionario per genitori sull’emergenza COVID-19

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Questo periodo di isolamento associato alla pandemia COVID-19 sta modificando la nostra routine quotidiana a vari livelli, inclusa la gestione della famiglia e dei figli.

A tal proposito, il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione dell’Università di Trento ha creato un breve questionario, con l’obiettivo di conoscere come i genitori stanno cercando di riadattare le proprie abitudini, trovandosi di fronte a nuove sfide e opportunità nella gestione dei figli connesse all’attuale emergenza sanitaria.

Inoltre, l’indagine può offrire la possibilità per ripensare al proprio ruolo di genitori, stimolando nuove riflessioni su come sia cambiato il proprio impegno di madre o padre in questo momento particolare.

Vi saremmo grati se voleste dare il vostro contributo!

Potete acccedere al questionario usando questo link:

https://unitn.eu.qualtrics.com/jfe/form/SV_dbxK7cKnaXi47pr

Tutti dati saranno raccolti in forma assolutamente anonima, iI vostro nome non comparirà mai da nessuna parte e le risposte da voi fornite non saranno in alcun modo riconducibili a voi.

E se fosse tempo di marciare uniti?

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di Gianfranco Vitale

Non c’è giorno in cui non vengano proposti sulle pagine che si occupano di autismo documenti, relazioni, risoluzioni, petizioni, o. d . g., eccetera. Se ne fanno promotori movimenti, forum, gruppi, associazioni. “Ognuno” con la sua ricetta, “tutti” (come consuetudine) in ordine sparso.

È un bailamme di esortazioni, auspici, inviti, appelli, che i più arditi si spingono a chiamare “raccomandazioni per l’uscita dall’emergenza” e i più prudenti e realisti, purtroppo in minoranza, chiamano “dichiarazioni di principio”, su cui – se è vero che non si può che convenire – è altrettanto indiscutibile che lasciano sostanzialmente immutata la realtà imposta dal Covid -19.

Risultato? Confusione assoluta e comportamenti difformi di regione in regione. Alla faccia di un’idea condivisa di autismo e di una risposta comune a bisogni comuni.

Perché questo? Fondamentalmente la ragione principale risiede nel fatto che ciascuno vuole marcare il proprio territorio, non lasciando ad altri il centro della scena. Si tratta di questione di potere personale e/o di gruppo? Di voglia di intestarsi meriti e risultati? Di insopprimibile desiderio di mettersi in mostra e/o differenziarsi ad ogni costo? Non saprei dire…

In compenso pare interessare molto meno che così facendo lo scenario escluda di fatto i tantissimi familiari che, mai come in questo momento, sono prigionieri – insieme ai loro figli autistici – di un isolamento sociale e istituzionale di cui apprendiamo giorno dopo giorno i risvolti più drammatici.

Niente da fare: è una gara a chi taglia per primo il traguardo, senza comprendere che spintonandosi a vicenda rischiano tutti di arrivare secondi ex equo e di veder vincere qualcun altro. Il nostro avversario?

Io credo che questa poco edificante frammentazione non serva a nulla e anzi non possa che danneggiarci. Quando leggo che tutti i documenti hanno come destinatario il Presidente del Consiglio, o il Ministro della Salute, o il Governatore della regione, o il Prefetto (o magari tutti assieme appassionatamente) non capisco bene se siamo davanti a un teatrino o a qualcosa che gli si avvicina molto. Qualcuno ha idea di quanti documenti giacciono oggi sulla scrivania delle massime cariche dello Stato? O pensa che esista un filo rosso che collega palazzo Chigi (ad esempio) a chi produce a settimane alterne bellissimi documenti sulla condizione autistica? Siamo consapevoli che altre categorie legittimamente rivendicano ogni giorno pari attenzione e ascolto?

Se provassimo a rimettere i piedi per terra e a riaprire gli occhi ci scopriremmo in tutta la nostra inadeguatezza, in un’impotenza che è figlia – a mio parere – non solo della pandemia bastarda ma “anche” di una dose di supervalutazione di noi stessi e, per quanto possa apparire paradossale, di un settarismo e un’arroganza delle quali non riusciamo a liberarci.

Da soli andremo sempre a sbattere contro un muro di gomma. Al massimo qualcuno, grazie magari a un canale privilegiato, potrà sperare nella risposta formale di una segreteria che assicurerà che il tal dei tali (quasi sicuramente un politico) è molto sensibile a questo tema, e… non mancherà di occuparsene. Dubito molto che ciò possa avvenire. I motivi sono svariati: 1) l’estrema complessità del momento 2) i tempi biblici della politica 3) le eterne promesse sempre disattese e… 4) ciò che più conta: l’incoerenza di una linea che, incurante delle lezioni del passato, sacrifica ancora una volta il valore del “diritto” alla scorciatoia “dell’elemosina e del favore di un portaborse”.

Ecco perché si ripropone il tema di una scelta unitaria, di un intervento che – nel caso specifico del Coronavirus – se espresso con una voce sola assumerebbe ben altro impatto e forza contrattuale rispetto a un’esibizione stonata in cui a prevalere è la continua ricerca dell’assolo ad effetto.

Se personalità del mondo della scienza e dell’educazione speciale fossero disponibili a spendersi nell’elaborazione di un testo intorno al quale movimenti e associazioni non potrebbero che riconoscersi, pena l’allontanamento della loro base dii riferimento, ebbene questo sarebbe, questo è, il momento di farlo. Non c’è tempo da perdere.

Inevitabilmente questo tipo di documento, in quanto proveniente da personaggi di riconosciuta e collaudata caratura, oltre che compattare il fronte delle associazioni, difficilmente non potrebbe ricevere una favorevole accoglienza a livello statale, traducendosi in quegli atti, omogenei per tutto il territorio nazionale, che tutti auspichiamo in una congiuntura così difficile. Si porrebbe fine a divisioni e diffidenze, incomprensioni e malintesi.

Il mio umile appello è che queste prestigiose figure si adoperinoo perché le persone di buona volontà, che certamente sono in maggioranza in Angsa come in Fida come in altre associazioni, portino avanti una linea condivisa che ponga fine alla mesta liturgia di comunicati che si scimmiottano l’un l’altro senza approdare a nulla.

#ViciniComeSiPuò – Ai tempi del Coronavirus_Cooperativa Albero Blu

Considerato il delicato periodo che stiamo attraversando, AlberoBlu, (visita il sito www.alberoblu.it),  ha pensato di fornire alle famiglie  di bambini con autismo alcuni semplici strumenti che possano supportare loro nell’affrontare queste giornate .

Vogliamo iniziare con 2 files:

 La storia sociale “Tutti a casa!” , dedicata ai più grandicelli e per i più competenti, per spiegare cosa sta accadendo in queste giornate e quali sono i comportamenti adeguati da adottare.Scarica la storia sociale Tutti a casa!

 Una tabella di CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa) con alcune regole da seguire.

tabella CAA Tutti a casa!Nelle tabelle di CAA troverete alcuni spazi vuoti con su scritto l’immagine da inserire. Se non avete il simbolo o l’immagine da utilizzare, basta fare una foto 

e attaccarla nell’apposito spazio.

Buone attività e a presto con il prossimo strumento! 

Albero Blu

SUGGERIMENTI PER AIUTARE LE PERSONE AUTISTICHE A GESTIRE LE EMERGENZE

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Molto spesso i genitori di persone autistiche si chiedono come affrontare improvvisi momenti di emergenza, in particolare in questo periodo in cui il Coronavirus (COVID-19) è ormai arrivato nel nostro paese.

Oltre alle raccomandazioni del Ministero della Salute (che potete trovare QUI), è bene conoscere e mettere in pratica alcuni semplici accorgimenti per rendere il ricovero in una struttura di quarantena, o la chiusura forzata in casa, più semplice possibile per i propri figli.

Se siete in una zona sensibile alla diffusione del virus e siete stati costretti a rimanere in casa in via preventiva, si suggerisce di seguire rigorosamente le misure diffuse dal Ministero della Salute ed in particolare queste 6 regole specifiche:

  • creare una storia sociale. Spiegate qual è la necessità principale, ossia rimanere in casa per qualche giorno senza uscire. Evitate di scrivere nella storia: “non possiamo uscire”, ma preferibilmente spiegate che: “dobbiamo rimanere in casa per evitare di ammalarci”. Cercate inoltre di aggiungere alla storia sociale tutto quello che avverrà: “guarderemo dei film, giocheremo e staremo insieme, sarà bellissimo!”
  • cogliere l’occasione per insegnare oppure per ripristinare il lavaggio frequente delle mani e anche l’uso di disinfettanti appositi. Particolarmente consigliato l’avvalersi di immagini in sequenza da appendere nel bagno. 
  • incrementare il più possibile il gioco, sfruttando qualunque forma piacevole per vostro figlio: puzzle, memory, carte, ecc.
  • approfittare di questi giorni di quarantena per dedicare più tempo ai vostri figli: osservateli, parlate con loro, incentivate le attività di cucina, le abilità di indipendenza, ecc.
  • l’uso della mascherina, a meno che non si sia contagiati o si presuma di essere vicini ad una persona con il virus, non è assolutamente obbligatorio. Perciò, nel caso dobbiate farla indossare ai vostri figli, è bene mostrare come si indossa e spiegare, se necessario (e soprattutto nel caso di persone non verbali), con immagini, la necessità nell’usare tale strumento. Si tratta di un elemento non consueto, che potrebbe provocare crisi per l’impatto sensoriale sulla pelle, e per la sensazione di mancanza di respiro che potrebbe suscitare. 
  • nel caso di quarantena o nel caso in cui ci si debba spostare dalla propria casa, è bene avvertire chi si prenderà cura di vostro figlio della sua condizione e, se necessario, fornire alcune sue caratteristiche per iscritto: “dice frasi sconnesse, non gli piace il rumore forte, la luce gli da fastidio, non mangia tutti i tipi di cibi, ecc ecc.”

LE TRE C DELLA COMUNICAZIONE IN CASO DI EMERGENZA

In caso di un’emergenza di qualsiasi tipo, tieni a mente queste “3 C” per tutelare la tua famiglia e per garantire la sicurezza delle persone autistiche. Ricorda, ogni piano può essere inutile se non viene comunicato efficacemente, specialmente per un bambino non verbale.

Rimanere Calmi

Siate un esempio positivo da imitare.
Gli individui autistici possono essere particolarmente sensibili allo stress emotivo e ai cambiamenti nel loro ambiente fisico. Genitori e caregiver devono affrontare situazioni tese con molto senso di calma per rassicurare i propri figli: un comportamento e un’approccio equilibrato in una situazione difficile sono essenziali per rassicurare i bambini e agli adulti nello spettro.

Essere Chiari

Comunicare con chiarezza raramente avviene senza una preparazione avanzata. 
Mentre si considera come parlare con adulti e bambini autistici durante l’intensità di una situazione di emergenza, è importante non sopraffarli con dettagli complessi, troppe informazioni possono distrarre dai punti critici del piano di emergenza. Prendetevi del tempo per pianificare, segnate i punti essenziali e cercate di fornirli alla persona nel modo più appropriato. Proprio come altre interruzioni di routine che possono essere stressanti per i bambini dello spettro, l’uso di storie sociali (immagini che spiegano un processo) e le prove degli eventi che potrebbero accadere in una situazione di emergenza, aiutano i genitori a rimanere lucidi e chiari durante l’evento reale.

Sii Coerente

Per i bambini autistici le routine sono una zona di comfort, mentre le emergenze sono notevoli interruzioni ai modelli previsti della vita quotidiana. Questa deviazione dalla norma può mettere gli individui autistici al limite, quindi spetta ai genitori e caregiver ripristinare una certa coerenza. Quando si cerca di dare delle istruzioni, bisogna fare attenzione a non creare confusione nella persona e cercare di essere il più coerenti possibile. In particolare bisogna concentrare l’attenzione sui passaggi più critici del piano di sicurezza (includendo un programma visivo). Ripetendo con calma questi passaggi, puoi aiutare a stabilire un senso di routine nel mezzo di una turbolenta incertezza.

FONTE:

Articolo tratto da https://autismocomehofatto.com/2020/02/23/suggerimenti-per-aiutare-le-persone-autistiche-a-gestire-le-emergenze/

A Rovereto (TN) un nuovo master in “Valutazione neuropsico-diagnostico nell’infanzia e nell’adolescenza”

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Prende il via, nell’anno accademico in corso, il nuovo master universitario di secondo livello rivolto a formare specialisti nella valutazione neuropsico-diagnostica nella fascia dello sviluppo. Il master è promosso dal Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Ateneo, e in particolare dal Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione ODFLab
Le domande di partecipazione vanno inviate tramite application online entro le ore 12.00 del 10 gennaio 2020. Informazioni più dettagliate nella pagina web dedicata.

Per comprendere meglio le caratteristiche di questa nuova iniziativa, ne abbiamo parlato con la direttrice del master Paola Venuti, psicoterapeuta, professoressa e direttrice del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive.

Paola Venuti

Per comprendere meglio le caratteristiche di questa nuova iniziativa, Anna Peripoli e Angela Pasqualotto hanno intervistato la direttrice del master Paola Venuti, psicoterapeuta, professoressa e direttrice del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive.

Professoressa Venuti, di che cosa tratta questo nuovo master?
Il master approfondisce il processo di valutazione neuropsico-diagnostico di bambini e di adolescenti, unendo i contributi provenienti dalla neuropsicologia a quelli provenienti dalla psicologia clinica e diagnostica. In particolare, saranno affrontate le fasi che compongono il processo di valutazione clinica: dal perché si seleziona un test rispetto a un altro, alla modalità con cui quel test va somministrato, codificato e interpretato, fino ad arrivare alla stesura del profilo funzionale completo del bambino e/o del ragazzo e alla restituzione di ciò che è emerso.

A chi è rivolto il master?
Il master è rivolto a tutti i professionisti che si occupano, o che vogliono occuparsi in futuro, di assessment, ossia del processo di valutazione, in ambito evolutivo e che hanno conseguito un titolo di laurea magistrale in psicologia o in medicina e chirurgia purché associato alla specializzazione in psichiatria, in neuro-psichiatria o in psicoterapia.

Cosa c’è d’innovativo?

Questo master si caratterizza per la sua struttura fortemente applicativa e per gli argomenti che prende in considerazione. Per la prima volta, infatti… Leggi tutta l’intervista

Inclusione didattica e sociale di bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico -Rovereto 25 e 26 ottobre 2019

Esperienze e prospettive dall’asilo nido all’Università

25 – 26 ottobre 2019

Il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione (ODFLab) del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, dell’Università degli Studi di Trento, in collaborazione con il Centro Studi Erickson affronta il tema dell’inclusione didattica e sociale di bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico.
I maggiori esperti italiani si confronteranno sui modelli e sulle metodologie di inclusione in ambito scolastico e sociale, dall’asilo nido al mondo del lavoro.
Saranno inoltre presentati strumenti specifici per la progettazione educativa e didattica, attraverso esperienze dirette e buone prassi.
Esiti della ricerca, tecniche, modelli e strategie presentate hanno tutte il fine di creare processi di inclusione scolastica e sociale, per migliorare la qualità della vita di bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico.

Iscrizione e maggiori informazioni sono disponibili alla pagina dedicata su ODFLAB.

PROGRAMMA

“L’ identità invisibile. Essere autistico, essere adulto” il libro di Gianfranco Vitale

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Rencensione di Lucio Moderato

Il libro di Gianfranco Vitale racconta con la giusta enfasi e passione umana di padre alcuni episodi significativi della sua vita con il proprio figlio.

Come tutte le narrazioni che riguardano i propri figli autistici anche questa è permeata dalla drammaticità, dalle inenarrabili sfibranti fatiche, dalle immense difficoltà e soprattutto dalla profondissima solitudine, tutti fattori questi che sono costanti e senza fine. Perché mentre per il padre e la madre che hanno un figlio neurotipico tutto ciò è destinato a finire con il giungere dell’età adulta, invece i tanti Gianfranco scoprono ben presto che tutto ciò è senza fine con un futuro a dir poco incerto e nebuloso. E vivono la loro vita in una sorta di equilibrio instabile su una corda tesa sopra un precipizio.

Credo che non sia più necessario spendere ulteriori parole per spiegare al mondo dei cosiddetti neurotipici che la realtà esistenziale dell’autismo è difficile e che i genitori, soprattutto quando sono soli, si trovano ad affrontare condizioni e situazioni che qualsiasi essere umano avrebbe difficoltà a gestire.
Invece devono essere spese ancora molte parole, purtroppo, per sottolineare che compito degli operatori dovrebbe essere quello di supportare e consigliare per alleggerire i problemi, non di aumentare le difficoltà con soluzioni di difficilissima comprensione e astruse nella concretezza dell’efficacia.

Ma questo spesso non accade anzi accade l’esatto contrario.

Conosco Gianfranco da tempo e so quanto impegno ha prodotto nei confronti del proprio figlio, conosco le sue cadute e le sue “resurrezioni”. Quello che si può dire di Gianfranco è che non ha mai perso la speranza nè ha mai smesso di lottare per raggiungere una qualità di vita migliore per sé, per il proprio figlio e, in fin dei conti, anche per i figli degli altri.

È facile talvolta giudicare i genitori dall’esterno, collocandosi e arroccandosi nelle alture di un’altezzosa conoscenza, più o meno ammantata di scienza, ma provate voi a vivere con accanto un figlio autistico ad analizzare i suoi comportamenti e capire cosa fare e come farlo senza entrare in crisi, senza avere momenti di sconforto e disperazione.

Nel racconto il papà ne esce come una figura tragicamente eroica, piena di dubbi e di domande senza risposta ……  una persona nei cui confronti non si può non provare un profondo sentimento di empatia e di pietas latina.

Noi cosiddetti specialisti dovremmo leggere con più attenzione questi racconti più dei testi che raccontano di autismo, libri spesso scritti da qualcuno che ha conosciuto l’autismo solo leggendo libri scritti da qualcun altro, senza però “sporcarsi” le mani con le vite vissute.

Bisogna, quindi, imparare a star accanto ai genitori senza se e senza ma, accogliendoli e non giudicandoli, ma soprattutto ascoltandoli, perché si impara sempre dai loro racconti!

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Evento Abilitando 2019: a ottobre la tecnologia incontra la disabilità

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Nella magnifica cornice di Santa Croce a Bosco Marengo ad Alessandria, avrà luogo nei giorni 4 e 5 ottobre l’evento Abilitando 2019: una vasta esposizione di tecnologie per disabilità con seminari e workshop dedicati al turismo accessibile, all’inserimento lavorativo e tanto altro.

Qui a fianco la sintesi del programma con anche i 2 convegni del 2 e 3 ottobre dedicati al turismo accessibile e alla cultura.

SCARICA QUI IL PROGRAMMA COMPLETO

Programmi degli eventi

2 ottobre Abilitando per il turismo

3 ottobre Abilitando per la cultura

4 ottobre Salotto IBM

5 ottobre Disability Management

5 ottobre “Abilitando educational” corso di formazione per insegnanti di sostegno

Parent Training Sistemico Integrato: il caso di F. con autismo

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A cura della Dott.ssa Broccolini Oriana Psicoterapeuta sistemico familiare.

L. e’ un ragazzo di 11 anni , ha frequentato il primo anno della scuola secondaria di primo grado con insegnamento individualizzato.

Frequenta un centro di riabilitazione con due sedute di terapia cognitiva.  Vengono riferite lievi difficolta’ di apprendimento prevalentemente nel testo scritto, esposizione orale e nelle abilita’ logico matematiche, difficoltà nella relazione sociale e dell’attenzione. 

E’ seguito dai servizi territoriali (N.P.I.) per disturbo evolutivo specifico, disturbo ipercinetico con maggiore difficoltà nell’area della comunicazione sociale e delle emozioni. 

Ha precedentemente frequentato per alcuni anni un centro per aiuto compiti. Alla scuola primaria vengono riferite difficoltà di socializzazione con i pari e alcuni episodi di bullismo da parte di alcuni coetanei della scuola.

Il passaggio alla scuola secondaria di primo grado viene riferito in modo positivo, L. va volentieri a scuola, si inserisce in un piccolo gruppo di pari (anche se di genere femminile) studia volentieri con obiettivo minimo presenta a volte delle rigidita’ cognitive negli apprendimenti.

Gli aspetti di rigidità comportamentale fino ad arrivare all’oppositività, le difficolta’ relazionali e gli interessi ristretti e ripetivi ( ricerca su internet di cantanti famosi di cui ne memorizza le date di nascita e di morte e gli eventi significativi) che si notano nell’ultimo anno portano la necessità di far rivalutare il minore in modo più approfondito.

Dalla neuropsichiatra del Centro di Riabilitazione che frequenta, risulta al questionario Kadi (12 anni)  per la valutazione dei sintomi di Asperger, un punteggio di probabilità positiva, e un valutazione positiva per le prove della teoria della mente di secondo livello.  

Nella comunicazione sociale si evidenziano deficit nella conversazione bidirezionale, interessi ristretti nelle conversazione con domande legate a i suoi interessi per date e numeri , difficoltà nella pianificazione che impediscono l’autonomia.

Dai test e dall’osservazione clinica ne consegue una nuova diagnosi di “Disturbo dello spettro dell’ autismo  associato a sindrome di Asperger con livello di gravita’ I”, una prescrizione di parent training sistemico integrato alla famiglia e sostegno psicologico di tipo cognitivo comportamentale  al ragazzo con interventi sulla meta cognizione, teoria della mente e riconoscimento delle emozioni.

Parent training sistemico integrato

Il parent training sistemico viene presentato per la prima volta dalla Dott.ssa Broccolini Oriana Psicoterapeuta Sistemica Relazionale al convegno tenutosi a Teramo il 10 maggio 2019 dal titolo “Emozione e Didattica nelle famiglie con DSA” con l’intervento “Parent Trainig Sistemico Integrato”.

Il Parent Training Sistemico Integrato nasce dall’interesse di rispondere in campo clinico, scolastico e riabilitativo alle numerose richieste di Parent Training sul territorio, arricchendo la tecnica cognitiva comportamentale (con riferimento al modello delle emozioni e dei pensieri: Modello ABC) del Parent Training  agli elementi della  terapia Sistemico-Relazionale (svincolo dalla famiglia d’origine, ciclo vitale della famiglia,  modelli di funzionamento della famiglia e coppia, triangolazione del minore nel rapporto genitoriale : modello figlio adultizzato e figlio come capro espiatorio).

Questo progetto nasce a Teramo nel 2016 da un progetto sperimentale effettuato presso la struttura “Zucchero Filato”  iniziato come  un progetto di informazione e consulenza per i genitori, e trasformato successivamente presso il Centro di Psicoterapia Es Psicologia in un lavoro in piccoli gruppi di genitori con difficolta’ educative gestito secondo il modello di Parent Training Sistemico Integrato.

Nel tempo con i genitori si sono affrontati sia temi legati alla genitorialita’ (momenti critici nella gestione dei figli, gelosie tra fratelli e sorelle, l’eliminazione del ciuccio, la gestione del capriccio, i comportamenti-problema del figlio, le tecniche educative, le emozioni dei genitori, gestione dei compiti e del tempo libero ) come anche le dinamiche di coppia e le influenze della famiglia d’origine.

Il parent training e’ un trattamento psicologico riconosciuto e approvato dalla Asl di Teramo (6-8 sedute ), ma poco praticato nel senso classico del termine e spesso sostituito  da  colloqui psicoeducativi alla famiglia.

Si e’ cercato per la prima volta con questo caso clinico descritto sopra di applicare il modello innovativo del Parent Training Sistemico Integrato individuale ad una famiglia con disturbo dello spettro Autistico.

Lo stesso percorso puo’ essere applicato a un gruppo di genitori con figli in età scolare per Autismo, Disturbo specifico di apprendimento, adhd, difficolta’ comportamentali, e gruppi di genitori con figli adolescenti per  tratti oppositiviti,  difficoltà relazionali, gestione della rabbia.

Il percorso di parent training e’ un intervento di gruppo rivolto al genitore o coppia genitoriale che ha la duplice funzione: sia di  informazione  sugli  aspetti emotivi e comportamentali   del figlio, sia  di supporto emotivo e psico-pedagogico alla coppia genitoriale. Le evidenze scientifiche sul  parent  training mettono in luce l’efficacia dell’ approccio cognitivo comportamentale nel trattamento dei bambini con difficolta’ nello sviluppo, ma l’approccio sistemico armonizza il modello inserendo elementi necessari per la genitorialita’. E’ possibile ipotizzare anche percorsi di gruppo di parent training rivolti ad operatori e insegnanti in questo caso possiamo parlare di Teaching Training. Il percorso si articola in otto incontri della durata di 90 minuti ciascuno. Le dimensioni del gruppo può variare da 4 a 10 persone.Gli obiettivi specifici del corso di  Parent Training per genitori sono:

1) Valutare la storia genitoriale e della coppia partendo dallo svincolo della famiglia d’origine fino alla costituzione della coppia, nascita dei figli , genitorialita’ e stile educativo.

2) Definire le aree problematiche del figlio

3) Favorire l’accettazione della diagnosi

4) Migliorare la relazione genitori – figli.

5) Definire metodi educativi adeguati.

6) Acquisire, sia con il confronto con gli altri, che con gli esperti,le informazioni necessarie per comprendere meglio il comportamento del bambino/ragazzo

7)Promuovere maggiore consapevolezza e competenza nella risoluzione di problematiche inerenti la gestione e l’educazione dei figli.

Valutazioni del percorso di Training Sistemico integrato

La coppia genitoriale A. e G. di 42 anni, e’ stata sottoposta al test di Depressione e Ansia di Zung riportando entrambi alla fine del percorso un miglioramento del punteggio da moderato a basso.

Durante il percorso e’ emerso una rigidita’ comportamentale del padre legata a stili educativi della famiglia d’origine e un evento traumatico mai elaborato (morte del fratello accidentale) e uno stile di comportamento evitante. Per quanto riguarda la madre, la morte precoce del padre ha determinato uno stile iperprotettivo che impediva al figlio di essere autonomo. Per quanto riguarda la coppia il figlio e’ stato triangolato e utilizzato come partner quando il marito preso dal suo lavoro si interessava poco ai bisogni emotivi della moglie. Nel percorso di coppia si sono ripristinati i confini con la linea materna molto presente, riavvicinata la coppia genitoriale e riportato il figlio al suo piano generazionale. Il figlio ha modificato i suoi interessi ridotti iniziando a frequentare un corso di musica e dello sport, costruendo un’amicizia significativa con un coetaneo, nel tempo e’ stato in grado di riconoscere gli stati emotivi degli altri e di migliorare le abilità di socializzazione e comunicazione.

Bibliografia

Parent Training : Carocci Editore

Essere genitori efficaci : Il Mulino

Parent training nell’autismo: Programma per la formazione e il supporto dei genitori edizioni Erikson

DSM V : Raffaello Cortina Editore

Educare le life skills: come promuovere le abilita’ psicosociali e affettive secondo l’organizzazione mondiale della sanita’. Edizioni Erikson

Dalla famiglia all’individuo: Mulino Edizione

Teoria della mente e autismo: Edizione Erikson

Contatti: www.espsicologia.it    mail: orianab2001@yahoo.it

Musicoterapia: cos’è e come influisce nell’autismo

Cos’è la musicoterpia

La musicoterapia è l’uso clinico e basato sull’evidenza di interventi musicali per realizzare obiettivi individualizzati all’interno di una relazione terapeutica da parte di un professionista accreditato che ha completato un programma di musicoterapia approvato.

La musicoterapia è una professione consolidata in cui la musica viene utilizzata all’interno di una relazione terapeutica per affrontare i bisogni fisici, emotivi, cognitivi e sociali degli individui.

Dopo aver valutato i punti di forza e le esigenze di ogni paziente, il musicoterapeuta qualificato fornisce il trattamento indicato, che comprende la creazione, il canto, il trasferimento e/o l’ascolto della musica.

Attraverso il coinvolgimento musicale nel contesto terapeutico, le capacità dei clienti vengono rafforzate e trasferite in altre aree della loro vita. La musicoterapia fornisce anche percorsi di comunicazione che possono essere utili a chi ha difficoltà ad esprimersi con le parole.

La ricerca nel campo della musicoterapia ne supporta l’efficacia in molti ambiti quali: la riabilitazione fisica generale e la facilitazione del movimento, l’aumento della motivazione delle persone a impegnarsi nel trattamento, il sostegno emotivo per i clienti e le loro famiglie, lo sbocco per l’espressione delle emozioni.

Lo studio dell’influenza della musicoterpia sul cervello nell’autismo

Ci sono molti articoli sugli effetti della musicoterapia nell’autismo e la maggior parte riporta cambiamenti positivi nell’impegno emotivo e nella comunicazione sociale.

Tuttavia, questo nuovo studio (Sharda, M., Tuerk, C., Chowdhury, R., Jamey, K., Foster, N., Custo-Blanch, M., Tan, M., Nadig, A., & Hyde, K. (2018). Translational Psychiatry. DOI: 10.1038/s41398-018-0287-3) è il primo a riferire come il cervello potrebbe essere influenzato dall’intervento musicale.

Come è stato progettato lo studio con la musicoterapia

Sharda e colleghi hanno confrontato un intervento con musicoterapia con un intervento di controllo non musicale in bambini in età scolare (6-12 anni) con autismo.

Ventisei bambini hanno partecipato all’intervento musicale e 25 bambini diversi hanno partecipato all’intervento non musicale. Entrambi gli interventi sono stati effettuati settimanalmente per 45 minuti e sono stati condotti per 8-12 settimane.

Prima e dopo entrambi gli interventi, i ricercatori hanno misurato i comportamenti (come la comunicazione sociale, la comunicazione verbale e la qualità della vita familiare / stress genitoriale), e l’attività cerebrale utilizzando la risonanza magnetica funzionale a riposo (rsfMRI), ovvero l’attività cerebrale è stata misurata mentre i bambini sono stati posti nello scanner passivamente (ad esempio mentre “riposano”).

L’fMRI permette ai ricercatori di misurare i livelli di attività cerebrale in varie parti del cervello.

In questo studio, i ricercatori hanno misurato la connessione e la comunicazione tra le diverse aree del cervello.

Perché l’interesse per la comunicazione/collegamento tra le aree cerebrali? Perché c’è una lunga storia di scoperte delle neuroscienze che suggeriscono che le differenze nelle connessioni tra le aree cerebrali sono un segno distintivo dell’ASD.

Alcuni risultati suggeriscono che le aree cerebrali sono “troppo” collegate nell’autismo, mentre altri suggeriscono che la connessione tra le diverse aree cerebrali “non sono abbastanza forti”. Queste differenze di connettività sono ritenute parzialmente responsabili delle difficoltà di comunicazione verbale e sociale osservate nell’ASD, e possono anche svolgere un ruolo nella sensibilità sensoriale.

I risultati dello studio

Dal punto di vista comportamentale, sono stati osservati miglioramenti nella comunicazione, nella reattività sociale e nella qualità della vita familiare dei bambini sottoposti a musicoterapia rispetto all’intervento di controllo (vedi articolo originale per le specifiche!).

I risultati delle neuroscienze sono stati altrettanto promettenti.

Per i bambini sottoposti musicoterapia, le le connessioni tra le aree cerebrali responsabili dell’elaborazione uditiva e le aree motorie sottocorticali sono aumentate e diminuite le connessioni tra le aree di elaborazione uditiva e visiva.

Cervello e comportamento

La parte più interessante dei risultati è che le differenze nell’attività cerebrale erano legate a miglioramenti nelle misure comportamentali.

Ad esempio, la forza della connessione tra aree uditive e aree motorie era significativamente correlata ai miglioramenti nella comunicazione sociale. Cioè, i bambini che hanno avuto i maggiori aumenti nella connessione cerebrale tra aree uditive e aree motorie hanno avuto anche i maggiori miglioramenti comportamentali nell’intervento di risposta.

Allo stesso modo, i bambini che avevano diminuito le connessioni tra aree cerebrali uditive e visive hanno mostrato maggiori miglioramenti nella comunicazione sociale.

Che cosa significa questo?

1. La musicoterpia può migliorare la comunicazione sociale nei bambini in età scolare con ASD. Gli interventi musicali e la musicoterapia sono stati a lungo considerati come una terapia “alternativa”, e non sono stati prontamente accettati dalla comunità scientifica. Questa ricerca sostiene l’intervento musicale come un modo promettente per migliorare la comunicazione sociale nell0autismo. Si spera che questo tipo di lavoro porti ad una maggiore disponibilità di musicoterpia e maggiori finanziamenti per la ricerca su questo argomento, in modo da poter condurre più ricerca.

2. La musicoterapia non solo migliora il comportamento, ma influisce anche sulla forza delle connessioni tra le aree cerebrali, e questi cambiamenti di connessione sono legati a miglioramenti comportamentali nella comunicazione sociale. Questo indica il motivo per cui l’intervento musicale potrebbe funzionare. Per esempio: la diminuzione delle connessioni tra le aree cerebrali uditive e visive potrebbe essere di aiuto con la sensibilità sensoriale in bamnino con autismo, che può portare a miglioramenti delle abilità sociali.

È possibile che la sensibilità sensoriale ostacoli la comunicazione sociale. Immaginate di parlare con qualcuno, ma la sua voce è incredibilmente forte e acuta. Inoltre, le luci della stanza fanno male agli occhi e vengono percepite come dei flash. Quanto sarebbero forti le tue capacità di comunicazione sociale in questa situazione? L’ipotesi è che le capacità di comunicazione sociale diminuirebbero a causa di tutta la sovra stimolazione sensoriale.  È possibile che diminuendo i sintomi sensoriali, le abilità sociali migliorino.

Studio:  Sharda, M., Tuerk, C., Chowdhury, R., Jamey, K., Foster, N., Custo-Blanch, M., Tan, M., Nadig, A., & Hyde, K. (2018). Translational Psychiatry. DOI: 10.1038/s41398-018-0287-3

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Il padre col figlio autistico sul cammino di Santiago

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Luis Garrido, il padre di Lukas, un bambino di sei anni affetto da autismo, è arrivato oggi a Santiago de Compostela dopo aver percorso in bicicletta i 770 chilometri che separano Roncisvalle dalla capitale galiziana lungo il cammino di Santiago, dove “ad ogni pedalata” ha portato un messaggio di consapevolezza e consapevolezza sociale sui disturbi dello spettro autistico.

Durante il suo tour ha consegnato ad ogni rifugio che ha fermato il manifesto “Non giudicare ciò che non sai”, un breve testo in cui chiede “comprensione e accoglienza” per le persone che soffrono di questo disturbo e per le loro famiglie.

Al suo arrivo a Compostela, Garrido ha confessato in una conversazione con Efe che l’esperienza del Cammino di Santiago de Compostela ha superato di gran lunga le aspettative con cui ha iniziato il suo viaggio domenica 3 agosto.

Inizialmente, dice, questa iniziativa di sensibilizzazione era a un livello “più familiare”, ed era ridotta alla consegna di manifesti a Malaga, la città dove Luis vive con i piccoli Lukas.

Ma questa vacanza, sua moglie ha suggerito un ampliamento per una maggiore consapevolezza, così il Cammino di Santiago era “la strada perfetta”, un percorso dove “migliaia di persone” hanno attraversato.

In queste undici tappe in cui ha condotto il Cammino, Luis Garrido sottolinea che tutti si sono rivolti alla “causa” e anche “aderito” l’iniziativa, così Garrido ritiene che il problema nella società di fronte al disturbo dello spettro autistico è “ignoranza”.

Mente Locale, il progetto per lo sviluppo delle abilità relazionali e l’inclusione sociale per adolescenti nello spettro autistico che diventa Cover Band

Loro sono i Rock Spectrum una cover band nata dal Laboratorio di Osservazione Diagnosi Formazione del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, dove la Musicoterapia è fra gli interventi abilitativi utilizzati con bambini e adolescenti nello Spettro autistico (AS) al fine di attivare e sviluppare le capacità interattive e sociali.

Da molti anni Stefano Cainelli, Musicoterapeuta (AIM) presso ODFLab, opera nei progetti terapeutici e costruisce laboratori musicali di gruppo con bambini e adolescenti con AS sia nelle scuole superiori che presso ODFLab.

Il progetto MENTE LOCALE, attivo dal 2014 è stata l’evoluzione naturale di alcuni percorsi terapeutici individuali con soggetti con AS ad alto funzionamento, che partendo dalla costruzione e attivazione di funzioni intersoggettive ha portato i soggetti alla sperimentazione delle abilità acquisite in un intervento musicoterapico di piccolo gruppo.

Successivamente si sono evidenziate le necessità di uscire da un ambito riabilitativo e di intraprendere una traiettoria psicoeducativa sociale in cui gli adolescenti con AS con alto funzionamento potessero avere la possibilità di creare momenti di scambio relazionale per sviluppare abilità sociali complesse e costruire relazioni in ambito extrascolastico.

I ragazzi della band ROCK SPECTRUM sviluppano le abilità musicali attraverso prove settimanali in sale adibite alle band locali con la partecipazione di studenti universitari e musicisti che supportano i processi di coesione musicale e di inclusione sociale. Per promuovere la motivazione sociale e processi di inclusione sociale ROCK SPECTRUM ha suonato alla sala Filarmonica di Rovereto in occasione dell’evento organizzato da ODFLAb nella giornata mondiale sull’Autismo, 2 aprile 2015; a due edizioni di Percezioni Musicali, rassegna organizzata da URLA, associazione studentesca universitaria del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive; al circolo sociale operaio Paganini di Rovereto; Osteria la coopera di Verona nell’ambito di una rassegna sulla Diversarte, all’inaugurazione dell’istituto Artigianelli per le Arti Grafiche di Trento, nel progetto di scambio studentesco internazionale Emphaty di Verona, al festival Educa: Algoritmi educativi 2018.

Domani martedì 5 giugno 2018 si esibiranno invece al Bar Circolo Santa Maria a Rovereto (TN).

PAIRING: CHIARIAMOCI LE IDEE!

Il pairing è stato definito come il processo attraverso il quale l’educatore associandosi agli stimoli preferiti dal bambino con autismo, configura se stesso come un “rinforzatore condizionato”, al fine di costruire una relazione positiva con il bambino, che inizierà a vederlo come “colui che eroga rinforzi” e non come “il rompi scatole che vuole farmi lavorare”.

Il lavoro del terapista durante questa delicatissima fase, però, non è semplicemente quello di “consegnare rinforzatori”, bensì quello di rendere piacevole per il bambino ogni interazione che ha con lui; deve rendere più divertenti le cose che già piacciono al bambino e, devono essere tali, solo grazie alla sua presenza.

Deve inventare nuovi giochi e attività, seguendo gli interessi del bambino che sta imparando a conoscere osservandolo, sia durante le interazioni tra di loro, sia quando il bambino gioca da solo. Il tutto nel modo più naturale e meno “invasivo” possibile, per far sì che il bambino sia intrinsecamente motivato a partecipare all’insegnamento perché lo trova piacevole (e quindi, in termini comportamentali, rinforzante).

Tutto ciò è necessario per insegnare al bambino in maniera positiva. Infatti, una volta che il bambino associa la presenza del terapista “all’arrivo di tante cose belle e divertenti”, l’insegnamento stesso avrà, per lui, natura rinforzante. Ciò si tradurrà in un aumento della collaborazione, in una maggiore tolleranza della frustrazione in situazioni stressanti (come potrebbe essere l’inserimento di un nuovo programma di insegnamento) e nella partecipazione attiva e volontaria del bambino all’insegnamento stesso (in termini comportamentali, sarà stato raggiunto il traguardo del “controllo istruzionale”).

Molto diversa è la situazione con i genitori, soprattutto per la mamma, in quanto rappresenta il “rinforzatore” più gradito in assoluto per il bambino. Ciò non vuol dire che i genitori non possono o non devono utilizzare questo strumento, anzi possono sfruttarlo per rendere graditi al bambino cibi, giochi o attività che solitamente non gli piacciono: basterà associare alla presenza di quel gioco la loro compagnia, o la presenza di un altro gioco, cibo o attività molto gradito dal bambino, e così dopo varie presentazioni di queste associazioni il gioco, che prima non piaceva al bimbo, inizierà a piacergli sempre di più e, se si continua questa presentazione parallela, potrà essere utilizzato come “nuovo rinforzatore”.

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ATTENZIONE→ le associazioni non vanno presentate all’infinito: quando il bambino inizia a gradire il nuovo cibo, gioco o attività, dovrete sfumare la presenza del cibo, gioco o attività che avevate scelto per condizionarlo.            

Non terminare l’associazione in modo brusco, ma graduale, fino a farla sparire. Ovviamente, dovrete eseguire il tutto seguendo le direttive dell’Analista del Comportamento che ha in carico il vostro bimbo.

Facciamo un esempio pratico: a C. piace tanto ascoltare la musica, ma non gli piace giocare con la pista delle macchinine; la mamma, allora, ha fatto ascoltare la musica al bambino ogni volta che gli presentava la pista delle macchinine e, dopo varie “associazioni” di musica e pista delle macchinine, il bambino ha iniziato a richiedere la pista delle macchinine di sua spontanea volontà. A questo punto, la mamma ha iniziato a sfumare la presenza della musica, abbassando il volume sempre di più ad ogni presentazione dell’associazione; e così, pian piano, C. ha imparato non solo a “gradire” la pista con le macchinine, ma anche a divertirsi quando ci gioca!

 

Bibliografia:

  • Sundberg, M. L., & Partington, J. W. (1998). Teaching language to children with autism and other developmental disabilities. Pleasant Hill, CA: Behavior Analysts.

 

 

Luisa Gatto – Psicologa e Analista del Comportamento BCBA.

Piu’ di 10 anni di esperienza nell’aiutare le famiglie e i bambini con disabilità’, specialmente a casa e a scuola. Dopo aver lavorato in Italia fino al 2015, ora lavora negli USA dove ha completato il training e ha preso la certificazione BCBA. Attualmente lavora come supervisore BCBA a San Diego, California, seguendo sia bambini che adulti con varie disabilità’.

Per contatti: luisa.gatto@gmail.com

Applied Behavior Analysis: cos’è la terapia ABA

Cos’è la terapia ABA

L’Applied Behavior Analysis (ABA) è l’applicazione dei principi dell’analisi del comportamento e delle procedure e tecnologia da essi derivate, per la soluzione di problemi di rilevanza sociale.

Le “Linea guida 21 per Il trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) nei bambini e negli adolescenti” consigliano l’utilizzo delle procedure derivate dall’ABA per il trattamento di dette condizioni, alla luce dei numerosi studi che ne sostengono l’efficacia nel migliorare le abilità intellettive, il linguaggio, i comportamenti adattivi ed, in generale, la qualità della vita in bambini con ASD (e non solo!).

Purtroppo, però, nonostante le numerose evidenze scientifiche a supporto della metodologia ABA, ad oggi, alcuni professionisti del panorama italiano, lontani da tale orientamento, sconsigliano di utilizzare questo metodo con i bambini piccoli perché “troppo duro” o perché “l’ABA non è adatta a quel bambino”; lo scopo del presente articolo è quello di confutare tali affermazioni.

Chi definisce l’ABA “troppo dura”, si riferisce al “lavoro a tavolino” che spesso facciamo con i nostri bimbi per lavorare sullo sviluppo cognitivo e per abituarli alle situazioni scolastiche, in cui viene loro richiesto di stare seduti per tanto tempo.

Ma l’ABA non è solo “lavoro a tavolino”: chi fa quest’osservazione dimentica, o non sa, che per essere efficace un intervento comportamentale, certamente sarà fatto “del lavoro a tavolino” ma, al contempo, verranno create varie opportunità di apprendimento nell’ambiente naturale del bambino, in situazioni di gioco da solo e con i pari, a casa con i genitori , nonni e fratellini e così, persino preparare i biscotti diventerà un’attività in cui il bambino sarà in grado di apprendere nuove abilità che lo aiuteranno a ridurre la distanza che lo separa dai pari normo tipici.

Inoltre, gli interventi di stampo ABA si basano sulle preferenze e motivazioni dei bambini stessi, quindi se implementata nel modo corretto, non vi è ragione alcuna per cui possa definirsi “adatta per un bambino e non adatta per un altro”.

Ogni bambino è diverso dagli altri, le sue preferenze saranno diverse da quelle degli altri e con il tempo si sostituiranno. Un gioco, un cibo o un’attività che oggi possono essere utilizzati come “rinforzatori” (premi che i bambini ottengono al seguito dell’emissione di un comportamento desiderato e che, per il principio del rinforzo, ne aumentano la probabilità di comparsa futura) oggi, potrebbero non esserlo tra un mese o addirittura il giorno dopo.

È proprio per essere sempre sicuri di seguire le preferenze e motivazioni dei bambini che costantemente vengono effettuate delle “valutazioni delle preferenze” per individuare nuovi rinforzatori.

Quindi, quando vi affidate ad un professionista diffidate delle sue affermazioni e critiche sull’ABA, in quanto per il 99% delle volte risultano essere delle semplici opinioni personali, lontane anni luce dalle evidenze scientifiche più recenti.

 

Bibliografia consigliata sull’ABA
Baer, D. M., Wolf, M. M., & Risley, T. R. (1987). Some still‐current dimensions of applied behavior analysis. Journal of Applied Behavior Analysis, 20(4), 313-327.
Antonella Serena Ferracane – Laureata in Psicologia e Analista del Comportamento in formazione.
Contatti: antonella.serena1306@gmail.com

Luisa Gatto – Psicologa e Analista del Comportamento BCBA.
Piu’ di 10 anni di esperienza nell’aiutare le famiglie e i bambini con disabilità’, specialmente a casa e a scuola. Dopo aver lavorato in Italia fino al 2015, ora lavora negli USA dove ha completato il training e ha preso la certificazione BCBA. Attualmente lavora come supervisore BCBA a San Diego, California, seguendo sia bambini che adulti con varie disabilità’.
Per contatti: luisa.gatto@gmail.com