Interagire con un bambino con un Disturbo dello Spettro Autistico: una sfida da vincere

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Lo sviluppo del comportamento sociale e comunicativo è frutto della coordinazione di diverse aree cerebrali denominate “cervello sociale”. Le cause dell’autismo sono diverse, sia genetiche sia ambientali, e colpiscono le aree del cervello coinvolte appunto nello sviluppo sociale e comunicativo. Considerando le ricerche sull’apprendimento del bambino, oramai è noto che apprendono in maniera attiva interagendo sia con gli oggetti che con le persone, con cui si ha una relazione emotiva. La presenza del Disturbo dello Spettro Autistico altera il funzionamento del cervello portando il bambino ad interagire con il mondo in maniera inusuale, e quindi altera anche la relazione genitore-bambino, questo perché i segnali comunicativi dei figli non vengono spesso interpretati in maniera corretta dai genitori che, di conseguenza, non sempre riescono a rispondere in modo adeguato ai propri figli. Evidenziare la presenza di determinate caratteristiche della relazione genitore-bambino è importante anche dal punto di vista terapeutico poter meglio coinvolgere il genitore all’interno dell’intervento che viene intrapreso con il bambino.
Considerando questi presupposti all’interno dell’ODFLab sono state condotte diverse ricerche osservative volte ad approfondire alcuni aspetti peculiari dell’interazione genitore-bambino in bambini con disturbo dello spettro autistico. I risultati che vengono di seguito presentati sono stati raccolti tramite osservazioni registrate di situazioni di interazione madre-bambino e padre-bambino in cui ai genitori, separatamente, vien richiesto di giocare nella maniera in cui solitamente giocano con il proprio figlio con alcuni giocattoli. Grazie anche alla collaborazione con le Unità di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento, il campione di riferimento, di cui di seguito sintetizziamo alcuni risultati, risulta costituito da 40 bambini con un disturbo dello spettro autistico in età prescolare.

La disponibilità emotiva diadica
La disponibilità emotiva (EA, Emotional Availability) è un costrutto relazionale che si riferisce alla qualità emozionale degli scambi tra genitore e figlio considerando l’accessibilità reciproca tra genitori e figli e la capacità reciproca di comprendere e rispondere adeguatamente ai segnali comunicativi dell’altro. Può quindi essere intesa come uno degli indicatori della qualità globale della relazione affettiva all’interno di una coppia genitore-bambino. Dalle osservazioni effettuate si evidenzia che la sensibilità genitoriale, ritrovata sia nelle madri che nei padri, si colloca ad un livello “medio alto”, sottolineando che entrambi i genitori presentano un’affettività positiva, una buona capacità di cogliere e rispondere appropriatamente ai segnali del bambino e riescono a gestire con successo le situazioni conflittuali. I nostri risultati indicano che le madri e i padri del nostro campione evidenziano livelli simili di sensibilità. Si è evidenziata una differenza significativa nella capacità di strutturazione espressa dai genitori, in particolare le madri si distinguono dai padri per una miglior capacità di strutturare l’ambiente e incoraggiare con successo le attività dei bambini, offrendo suggerimenti più efficaci e riconoscendo maggiormente il ruolo dell’adulto come guida per sviluppare attività più sofisticate. In riferimento alla valutazione dei comportanti manifestati dai bambini i risultati indicano che le difficoltà sociali, comunicative e di regolazione dei bambini con ASD, modificano la loro capacità di iniziare e sostenere un’interazione sociale o di rispondere appropriatamente ai tentativi compiuti dal genitore, indipendentemente dal genitore con cui sono in interazione. È importante sottolineare che i risultati evidenziano come i genitori di bambini con ASD presentino le stesse caratteristiche di genitori di bambini senza questa patologia, volte a creare un’interazione scandita da scambi emotivi positivi, nonostante non ottengano dai propri figli risposte facilmente comprensibili.

Come giocano madre e padre con il loro bambino?
Gran parte dell’apprendimento dei bambini e molte delle loro prime esperienze si verificano durante il gioco; è stato evidenziato da diverse ricerche che il gioco, come anche altre abilità dei bambini, può essere influenzato da comportanti materni e paterni, sia in bambini con sviluppo tipico che atipico. I dati hanno evidenziato che i bambini con disturbo dello spettro autistico presentano durate superiori di attività di gioco esploratorio, ossia quelle capacità di gioco legate maggiormente alla funzione degli oggetti, come il lanciare una palla, rispetto al gioco simbolico, ossia quei giochi “del far finta”, come ad esempio dare da mangiare ad una bambola, indipendentemente dal genitore con cui stanno interagendo (Grafico 1). Dalle nostre osservazioni emerge, inoltre, come i padri presentino una durata superiore di un’attività esploratoria, tendono cioè a intraprendere attività come il fare la torre con dei cubetti o il lanciare al proprio figlio la palla, mentre le madri esibiscono una durata superiore di gioco simbolico, ossia cercano di proporre al bambino attività più sofisticate. Risulta comunque che entrambi i genitori mostrino durate superiori di gioco funzionale evidenziando come entrambi cerchino di sintonizzarsi con le abilità manifestate del proprio bambino; infatti i bambini con disturbo dello spettro autistico mostrano notevoli difficoltà per quanto concerne le capacità di simbolizzazione (Grafico 2). Durante questa sintonizzazione emerge tuttavia come siano i padri a riuscire a proporre al bambino attività di gioco più semplici, adattando il loro comportamento alle capacità ed interessi espressi dai loro figli e permettendo uno scambio relazionale più lungo.
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I bambini con ASD mostrano una durata significativamente maggiore di gioco esploratorio quando sono con il padre rispetto a quando sono con la madre. Il grafico mostra come i bambini con questo disturbo presentino con maggior frequenza un gioco più semplice; i padri presentino durate maggiori di attività di gioco più semplici e più in linea con le abilità espresse dai bambini rispetto alle madri.
Risulta pertanto evidente come si debba lavorare subito con i genitori, appena si comincia l’intervento con il bambino, per dare ai genitori l’opportunità di scoprire modi adeguati di entrare in relazione con il figlio, aumentando i tempi di contatto e di scambio e offrendo quindi al bambino l’opportunità di usufruire di stimoli sociali fondamentali per l’apprendimento dell’imitazione e del linguaggio.
Le nostre ricerche evidenziano che nei genitori funziona bene l’intuitive parenting, ossia la modalità innata di entrare in contatto con il figlio, ma questa modalità non attiva il bambino che, a causa delle sue alterazioni, non riesce a rispondere in modo adeguato.
Il padre deve assolvere un ruolo importante in quanto, forse proprio per una predisposizione biologica meno forte, riesce a mettersi più facilmente al livello di gioco che propone il bambino e quindi stabilisce tempi di contatto più lunghi offrendo migliori opportunità.

Ricerca condotta da Arianna Bentenuto e Simona de Falco, nell’ ambito del Dottorato di ricerca in Scienze Psicologiche e della Formazione con il coordinamento di Paola Venuti.

Per ulteriori informazioni contattare ODFLab – Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione

Primo articolo disponibile al link La Ricerca per individuare gli indicatori precoci nel ASD