Problemi gastrointestinali in soggetti con Disturbo dello Spettro Autistico: siamo alla ricerca di un nesso

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Giorni difficili quelli in cui l’intestino è disturbato. Non si ha voglia di uscire, di vedere gente, di comunicare. Si diventa irritabili, si vorrebbe essere lasciati in pace, in attesa che il disagio passi.

Molte persone con Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) presentano problemi gastrointestinali: è stata stimata un’incidenza dal 20% all’80%, a seconda dello studio considerato.

Generalmente si riscontra la prevalenza di dissenteria e stitichezza, seguite da dolori addominali, vomito e reflusso gastroesofageo.

La discrepanza nella stima dell’incidenza ha diverse ragioni, prima fra tutte la difficoltà di comunicazione di molte persone con ASD, che può condurre a sottostimare il fenomeno. Molti, infatti, non riescono ad esprimere dolore o fastidio attraverso il linguaggio mentre altri, sebbene in grado di comunicare, hanno però difficoltà a descrivere esperienze soggettive.

D’altro canto alcuni studi riportano, e la cosa non sorprende, come la severità dei sintomi autistici aumenti all’aumentare della severità dei disturbi gastrointestinali, se presenti.

In questo scenario risulta ben comprensibile l’importanza di una diagnosi accurata per progettare interventi volti a ridurre il disagio ed ottenere così parallelamente un miglioramento della sintomatologia autistica e un maggior successo delle terapie comportamentali.

Bisogna però tenere presente che solo negli ultimi anni si è iniziato a prestare veramente attenzione a questi aspetti e a condurre ricerche per comprendere il nesso tra i due tipi di disturbo. La strada è ancora lunga, tuttavia si stanno facendo interessanti passi in avanti.

In particolare nel 2008 si è tenuto a Boston un convegno di esperti con lo scopo proprio di sviluppare indicazioni per la diagnosi e il trattamento di disturbi gastrointestinali in persone con ASD. In quel contesto è stata data molta rilevanza al fatto che alcuni comportamenti, apparentemente scollegati, possano invece essere sintomo indiretto della presenza di disturbi gastrointestinali: ad es. letargismo; premere oggetti contro la pancia; digrignare i denti; mordere i vestiti; schiarirsi spesso la gola; deglutire spesso; singhiozzare senza motivo apparente; ripetere parole/frasi riferite al dolore; aumento apparentemente inspiegabile di comportamenti ripetitivi/stereotipie o comportamenti oppositivi; irrequietezza; urla; comportamenti autolesivi, difficoltà del sonno, ecc.

Nella stessa sede sono state analizzate le evidenze scientifiche legate all’utilizzo di diete prive di glutine e di caseina, considerate da alcuni in grado di condurre ad una regressione dei sintomi autistici.

La conclusione a cui sono giunti gli esperti, supportata anche da studi più recenti, è che tali regimi alimentari siano da adottare solamente in presenza di un’accertata intolleranza/allergia nei confronti di queste sostanze, come d’altro canto si farebbe per le persone a sviluppo tipico.

Anche la Linea Guida “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” redatta dell’Istituto Superiore della Sanità e pubblicata nel 2012 concorda con questo orientamento.

Diversamente, l’adozione di tali diete va solamente ad aggiungere disagio al disagio dato dalla patologia a fronte di nessun risultato sul piano sintomatologico. Basti infatti considerare ad esempio le difficoltà di relazione di un genitore che priva il proprio figlio di un alimento molto gradito e che ne deve gestire la reazione oppositiva. Oppure si pensi all’alimentazione a scuola, dove il bambino con ASD, già considerato diverso, è costretto a seguire anche una dieta differente dai compagni.

Il rischio di adottare regimi alimentari ristretti, sommato alla selettività alimentare che molte persone con ASD presentano, può addirittura condurre a situazioni di malnutrizione, in cui viene meno l’apporto di alcuni nutrienti essenziali per il benessere.

Riguardo alla selettività alimentare, essa è stata attestata da più studi diversi e risulta plausibile, considerato che uno dei tratti tipici degli ASD è mostrare interessi ristretti e rigidità al cambiamento.

Vale però anche la pena considerare come alcune famiglie riportino che certi cibi vengono rifiutati dal proprio figlio a casa ma mangiati invece quando è a scuola. Il confine tra patologia e schemi rigidi di comportamento appare quindi labile, almeno in taluni casi.

E’ possibile che i disturbi gastrointestinali negli ASD possano essere messi in relazione con gli aspetti di selettività alimentare e con la tendenza di alcuni a mangiare cose non commestibili. Al momento mancano però studi rigorosi al riguardo.

D’altra parte è stato recentemente pubblicato uno studio che correla i disturbi gastrointestinali all’accentuato stato d’ansia riscontrato in molte persone con ASD. Saranno necessarie ulteriori ricerche per definire quale dei due aspetti sia da considerarsi la causa e quale l’effetto.

Infine, alcuni studi si stanno concentrando sull’ipotesi che i disturbi gastrointestinali siano correlati ad un’alterazione nella composizione della flora batterica intestinale nelle persone con ASD. I risultati ottenuti finora sono però contrastanti, principalmente a causa di problemi metodologici e legati alle tecniche di analisi utilizzate.

Come si sta muovendo l’ODFLab?

Come ODFLab abbiamo deciso di avviare uno progetto in questo ambito di ricerca di frontiera.

Con questo studio ci prefiggiamo di ottenere un quadro dell’alimentazione attuale dei nostri pazienti ASD e della loro storia alimentare a partire dalla nascita, evidenziando possibili elementi di selettività.

I dati raccolti verranno messi in relazione all’eventuale presenza di disturbi gastrointestinali ed al loro esordio/evoluzione, facendo particolare attenzione agli aspetti comportamentali che potrebbero essere sintomo indiretto di un disturbo gastrointestinale (secondo le indicazioni del convegno di Boston 2008 citato in precedenza).

Contestualmente vorremmo anche rilevare quali sono le difficoltà che le famiglie vivono nel gestire l’alimentazione del proprio figlio con ASD a casa e nei contesti educativi per progettare possibili interventi di supporto.

Abbiamo inoltre come obiettivo quello di arrivare a definire la composizione della flora batterica di persone con ASD a partire da campioni fecali utilizzando analisi biologiche e bioinformatiche all’avanguardia. Questi dati verranno messi in relazione con l’alimentazione dei soggetti ASD e con la presenza di disturbi gastrointestinali e confrontati con gli stessi dati (composizione flora batterica, alimentazione e disturbi gastrointestinali) relativi ai genitori e ad un fratello/sorella dei pazienti coinvolti, in modo da valutare opportunamente influenze genetiche e ambientali.

Quali prospettive future?

Se si arrivasse a riscontrare che una certa composizione della flora batterica è associata ad un certo tipo di disturbo gastrointestinale in persone con ASD, si potrebbero sviluppare diete/integratori in grado di sanare queste alterazioni, con conseguente miglioramento dei disturbi gastrointestinali e con essi dei sintomi autistici. Inoltre, i medici avrebbero a disposizione un’ulteriore strumento diagnostico per i disturbi gastrointestinali nel caso di pazienti con deficit gravi della comunicazione.

D’altro canto, invece, se si individuassero specie batteriche associate agli ASD, a prescindere dalla presenza di disturbi gastrointestinali, sarebbe possibile diagnosticare la patologia forse più precocemente rispetto al manifestarsi della sintomatologia cognitivo-comportamentale, rendendo possibile un intervento psicologico ancor più tempestivo e quindi efficace.

Infine, si potrebbe ipotizzare per la flora batterica intestinale addirittura un ruolo nell’insorgenza della patologia. Esiste infatti un sistema di comunicazione bidirezionale basato su ormoni ed altre sostanze che, prodotte dall’intestino e dai batteri ivi contenuti, raggiungono il cervello attraverso la circolazione sanguigna/il sistema nervoso e viceversa. Una composizione della flora batterica tipica per le persone con ASD potrebbe essere una conseguenza della patologia (ad es. dovuta alla presenza di stati d’ansia o alla selettività alimentare) ma, al contrario, potrebbe invece causare la produzione a livello intestinale di sostanze in grado di interferire precocemente con lo sviluppo neurologico e portare così all’insorgenza di un Disturbo dello Spettro Autistico.

Se questo fosse confermato si aprirebbero interessanti prospettive di prevenzione ed intervento.

Ricerca condotta da Ilaria Basadonne, nell’ambito del Dottorato di ricerca in Scienze Psicologiche e della Formazione con il coordinamento di Paola Venuti e Cesare Furlanello.