La realtà virtuale come parte della terapia per l’autismo

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In genere quando si parla di realtà virtuale si pensa esclusivamente ai videogiochi, ma se vi dicessero che può avere anche un’applicazione terapeutica per il trattamento delle fobie per l’autismo?

Realtà virtuale – Oculus

Quando si parla realtà virtuale si fa riferimento ad una condizione simulata nella quale l’utente vi si trova immerso (principalmente grazie a input visivi e acustici). Questa può essere più o meno fedele alla realtà, come nel caso dei videogiochi. Solitamente servono delle apparecchiature per poter accedere alla realtà virtuale: la più famosa con ogni probabilità è l’oculus rift (in foto)

In questo caso al posto del utilizzo di una mascherina è stata creata un’apposita stanza, chiamata “Blue Room”, in grado di riprodurre situazioni generalmente ansiogene per aiutare le persone con autismo a vincere le loro fobie.

 

La terapia sperimentale

L’idea dell’esposizione graduale agli stimoli fobici (ovvero stimoli che potrebbero far scaturire una forte ansia o addirittura un attacco di panico) è un pilastro del trattamento delle fobie, ma l’utilizzo della tecnologia per facilitare ciò è del tutto innovativo.

La terapia è suddivisa in due momenti:

  1. Un primo di affiancamento durante il quale uno psicologo insegnava al bambino affetto da autismo specifiche tecniche di rilassamento
  2. Un secondo di esposizione in cui il bambino si trovava immerso nella realtà virtuale, grazie agli schermi che ricoprono interamente le superfici della stanza, in cui vengono affrontate situazioni ansiogene, condizioni all’interno delle quali l’utente ha la possibilità di muoversi ed esplorare grazie al supporto di un tablet.

In questo modo si ha la possibilità di affrontare la paura e le situazioni che la scatenano in una condizione psicologicamente protetta. Grazie a questa tecnologia si può imparare per il momento a gestire una conversazione con la commessa di un negozio oppure ad attraversare un ponte o perfino a salire su un autobus affollato all’ora di punta.

Parola all’esperto

Jeremy Parr

Il dott. Jeremy Parr, professore associato specializzato in Neurodisabilità Pediatrica presso l’Istituto di Neuroscienze dell’Università di Newcastle, commenta: “Le fobie hanno un impatto notevole sui bambini con autismo e le loro famiglie. I genitori si ritrovano a fare in modo di evitare la situazione che i bambini temono, e questo può influenzare la scuola e le attività ludiche”. E continua: ”Ad oggi, la terapia principale è quella cognitiva comportamentale, ma questa spesso non funziona per un bambino autistico in quanto connessa all’immaginazione. Le persone autistiche possono trovare l’immaginazione difficile quindi rappresentando la scena di fronte ai loro occhi li aiutiamo ad imparare come gestire concretamente la propria paura”.

 

La testimonianza di un genitore

Il genitore di un ragazzo di 11 anni che aveva paura dell’altezza commenta così i risultati ottenuti: “La sua fobia era cosi grave che persino andare in un posto come il Metro Centre poteva essere problematico in quanto avremmo dovuto essere incollati al pavimento. Era impossibile prendere l’ascensore. Persino prenderlo in braccio a volte poteva essere troppo per lui, persino quell’altezza lo spaventava. Ma dopo le quattro sessioni nel simulatore è riuscito ad affrontare un ponte reale che non era mai riuscito ad attraversare prima. Ha fatto davvero la differenza per le nostre vite”.