Mancano i servizi di base per la diagnosi precoce dell’autismo

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La legge approvata il 12 settembre vuole essere un punto di partenza per cambiare una realtà che oggi è inadeguata rispetto ai bisogni delle persone con autismo e delle famiglie. Lo screening dovrebbe essere fatto prima dei 18 mesi e i centri di neuropsichiatria infantile dovrebbero essere diffusi sul territorio. Invece sono indubbiamente pochi e senza risorse. 

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è uno dei più frequenti e invalidanti disturbi del neurosviluppo (circa 1 bambino su 300), in cui diversi fattori genetici, biologici ed ambientali interferiscono con lo sviluppo del sistema nervoso centrale e delle sue diverse funzioni. I bambini e le persone con autismo sono spesso chiuse, isolate in un loro mondo, con grande difficoltà nell’interagire con gli altri, nel comunicare in modo adeguato e presentano comportamenti ripetitivi e interessi limitati.

La novità  è l’entrata in vigore della legge nazionale sull’autismo, lo scorso 12 settembre, un importante punto di partenza per interventi istituzionali che consentano di garantire in modo equo in tutte le regioni il diritto alle cure. Ora serve ovunque una rete di servizi di neuropsichiatria infantile che possa offrire cure personalizzate alle tante forme in cui si manifesta la malattia e vanno potenziati i raccordi con la pediatria di famiglia, per consentire una diagnosi tempestiva, e con la psichiatria per garantire continuità di cura in età adulta.

Interventi prima dei 18 mesi

Le evidenze scientifiche mostrano infatti che, sebbene si tratti di una condizione che durerà per tutta la vita, con diagnosi precoce e interventi tempestivi ed appropriati si possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell’intero nucleo familiare. A livello nazionale attualmente la diagnosi si fa intorno ai 5 anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori è invece possibile porre il quesito ai medici entro i 18 mesi e giungere ad una diagnosi entro i 24, se i pediatri di libera scelta osservano i segnali di rischio di ASD , e inviano i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA) per la conferma diagnostica.

Cure personalizzate

Gli interventi devono essere individualizzati sui bisogni di ogni bambino, condivisi con la famiglia e strutturati secondo intensità variabili per ogni fascia d’età e profilo funzionale. I metodi e le strategie utilizzati devono essere di provata efficacia, indicata nelle linee-guida nazionali o internazionali. Deve essere garantita la formazione dell’ambiente in cui si troverà il bambino (scuola, luoghi di aggregazione ecc), perché sappia come rapportarsi con lui e offrirgli positive occasioni di sviluppo. Serve il sostegno alla famiglia, che ha bisogno di informazioni chiare, precise, continuative per poter affrontare con consapevolezza ogni evento e scegliere il percorso più opportuno per il proprio figlio, in dialogo continuo con gli operatori.

Assenza di risorse

Per poter garantire tutto ciò, è fondamentale la presenza di una rete di servizi di NPIA omogenea in tutto il territorio nazionale, con un approccio multi professionale e multi interdisciplinare ed età specifico, e adeguata formazione continua degli operatori, elementi che oggi mancano nella maggior parte delle regioni italiane. L’aspetto più critico della legge, oltre all’assenza di risorse, è l’assenza di indicazioni su come poter tradurre nella pratica gli interventi. Non bastano infatti le risorse, è necessario indirizzarle in senso organizzativo con precisi atti normativi regionali, che ad esempio rendano obbligatorio lo screening nei bilanci di salute pediatrici, affrontino finalmente il tema dell’organizzazione dei servizi di NPIA e la continuità di cura in età adulta.

 

Via Repubblica