L’esercito israeliano arruola giovani autistici

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TEL AVIV. “Rain man” fa il militare: l’esercito israeliano ha deciso di continuare nell’arruolamento di giovani autistici in modo da avvalersi della straordinaria capacità visiva di alcuni di loro nell’individuare il più impercettibile cambiamento nelle immagini. La destinazione per queste giovani reclute è la prestigiosa “Unità 9900”, corpo di elite (e superspecializzato) dell’intelligence militare. Il suo compito, in base ai dati e alle immagini trasmesse dai satelliti israeliani in orbita attorno alla terra, è quello di fornire informazioni dettagliate e sensibili ai comandanti sul campo in modo da prendere le decisioni più appropriate. Il programma – nell’ambito appunto di un piano di inserimento nella società dei giovani autistici – è stato messo a punto dal Centro accademico Ono con il coinvolgimento dell’esercito e dopo aver ottenuto il parere positivo del capo del Mossad Tamir Pardo. Sono già quattro anni che Tzahal (l’esercito) va avanti sulla strada di arruolare giovani autistici: il primo di loro è stato Zohar Peer, 21 anni, che nel 2010 fu il primo ad indossare la divisa, con grande gioia sua e della famiglia, ricordarono allora i media. Ma risale allo scorso novembre – racconta un’inchiesta della tv Canale 10 – la scelta di impiegare alcuni di questi giovani nell’Unità 9900: questo grazie alla loro ineguagliabile capacità di analisti delle immagini, nonostante siano «in un punto elevato nello spettro della scala dell’autismo». I risultati – ha assicurato la tv – non sono tardati ad arrivare, dando così ragione ad una delle massime dello stratega e storico militare inglese sir Basil Liddel Hart, secondo cui «la più profonda verità sulla guerra è che l’esito delle battaglie è deciso dalle menti degli opposti comandanti e non dai corpi dei rispettivi soldati». Il lavoro dei giovani “Rain man” in divisa (titolo di un celebre film con Dustin Hoffman autistico dalla prodigiosa memoria matematica) consiste nello scandagliare immagini satellitari di strutture, zone, obiettivi, passate su un computer: il più delle volte le stesse ma con angolazioni e momenti diversi. E loro hanno mostrato di essere in grado di cogliere il più piccolo cambiamento che sarebbe sfuggito invece ad altri commilitoni. «In questo modo – ha affermato il loro comandante – salvano vite umane», visto che così le forze combattenti hanno in mano informazioni molto più precise e decisive. Nel corso dell’addestramento – della durata di alcuni mesi – alle giovani reclute viene insegnato come spostarsi in maniera indipendente tra la base e la casa in modo da farli sentire il più possibile autonomi e acquistare una maggiore fiducia nelle proprie possibilità. Un progetto che – a detta di Canale 2 – sembra accontentare molti: le reclute, che non si sentono più emarginate; le loro famiglie, che lottano contro la discriminazione sociale; l’esercito, che così ha acquistato elementi decisivi e i responsabili del centro accademico Ono, che vedono realizzate sul terreno quelle che prima erano solo teorie ed ipotesi.

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