La diagnosi precoce di autismo: il ruolo del pediatra

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  • Cos’è l’autismo e qual è l’impatto epidemiologico di questo disturbo?

Il disturbo autistico e i disturbi dello spettro autistico costituiscono la “disabilità sociale” per eccellenza. Sono disturbi secondari a un’alterazione neurobiologica dello sviluppo cerebrale su base genetica e ad altre concause ancora non ben identificate: tossinfettive, metaboliche, ambientali. La sintomatologia è caratterizzata da una disarmonia precoce tra le diverse aree funzionali: motorie, sensoriali, cognitive e comunicativo-linguistiche. Secondo dati attuali la prevalenza del disturbo autistico è di circa 5/10.000 bambini. Quando vengono considerati il disturbo autistico e i disturbi dello spettro autistico, le stime di prevalenza, secondo studi recenti, variano da 15/10.000 a 40/10.000.

  • A cosa deve prestare attenzione il pediatra nell’ambito dei bilanci di salute del neonato e del lattante?

I primi mesi di vita costituiscono un momento di grande impegno per il neonato lattante rispetto all’adattamento all’ambiente esterno. È necessario prestare attenzione al profilo neurocomportamentale fin dai primi sei mesi di vita, nucleo essenziale dell’interazione e dello scambio emotivo nel rapporto precoce mamma/bambino e premessa per la conoscenza di se stessi e degli altri e per l’acquisizione delle abilità sociali che avverranno. Successivamente attenzione ai riflessi di suzione/deglutizione durante l’allattamento, alle modalità di attaccamento al seno, ai ritmi del sonno e consolabilità quando il bambino piange, alle posture corporee quando il bambino si tiene in braccio, all’orientamento verso il volto, verso le luci e i suoni. In questo periodo della vita del bambino il pediatra deve sostenere la competenza genitoriale orientandola alla capacità di osservazione del proprio bambino e alle stimolazioni da offrire nell’ambito delle cure quotidiane.

  • Quale strumento di screening si può utilizzare e qual è il periodo di maggiore significatività per individuare il rischio evolutivo di autismo?

Ci sono diversi strumenti di screening che si possono eseguire già a 18 mesi di vita del bambino, che consentono di inviare al neuropsichiatra infantile i casi con sospetto di autismo. La Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) è la più utilizzata a tal fine e permette anche un confronto tra genitore e pediatra sulle “preoccupazioni” rispetto allo sviluppo del proprio figlio e sulle sollecitazioni da offrire per il migliore sviluppo interattivo. Si compone di due sezioni distinte, una per le risposte dei genitori e una per le risposte degli operatori. Lo strumento è stato studiato per essere utilizzato da operatori di base, pediatri di famiglia e assistenti sanitari. È abbastanza veloce da somministrare (circa 5 minuti) e ha scarse possibilità di errore.
Quali gli indicatori di rischio a 18 mesi rilevabili dalla CHAT e specifici per la diagnosi di autismo?
Il bambino deve essere considerato a “rischio” quando:
– non si gira al richiamo;
– mostra uno sguardo sfuggente o iperfisso nei confronti dell’interlocutore;
– ha un gioco ripetitivo (mette in fila oggetti, li fa ruotare, li ammucchia) o caotico e non riesce ad organizzare un gioco di finzione (dare da mangiare al bambolotto o fargli fare nanna);
– non ha acquisito i gesti deittici dell’indi- care con il dito al fine di fare rivolgere l’attenzione dell’altro su un oggetto o su un evento (attenzione congiunta) e i gesti refe- renziali ( come il “ciao ciao” con la mano, coerente al contesto).
Esistono casi in cui la CHAT a 18 mesi non solleva nel pediatra il dubbio del rischio di autismo?

̀ possibile nelle forme borderline con sintomi sfumati o quando il bambino ha acquisito alcune forme di verbalizzazione atipica ed episodica (ripete spot pubblicitari o la canzoncina del compleanno) ma non possiede le prime parole di richiesta per bisogni primari (come latte, acqua, pappa). Vi sono inoltre forme con esordio regressivo in cui, dopo un periodo di apparente normalità, nel corso del secondo anno di vita, si assiste a una regressione del com- portamento sociale (la chiusura e lo sguardo sfuggente e la tendenza all’isolamento, il gioco solitario ripetitivo) e alla comparsa di comportamenti problematici “disadatti- vi” come difficoltà e reazioni esagerate alle esposizioni sociali (pianto e urla inconsola- bili come reazione agli estranei, a luoghi nuovi) o particolare attaccamento alle rou- tine (particolare attaccamento agli stessi vestiti, reazioni esagerate al cambio) o repentini viraggi dell’umore con reattività che rendono difficile la gestione del bambi- no nel quotidiano.
Per l’esistenza di questi casi a esordio tardivo è utile ripetere la CHAT al termine del secondo e del terzo anno di vita entro i 30 mesi.

  • Qual è l’epoca di conferma della diagnosi di autismo e quale il periodo migliore per attivare l’intervento riabilitativo?

Entro i tre anni di vita, anche nei casi borderline, si può e si deve formulare la diagnosi di certezza di autismo, ma l’interven- to deve essere attivato già nella fase in cui il neuropsichiatra infantile emette l’ipotesi diagnostica rispetto all’invio del pediatra, al fine di favorire quanto più possibile la ripresa precoce dello sviluppo armonico del bimbo. Il periodo dei 18-30 mesi è una “finestra di opportunità” unica rispetto al momento dello sviluppo e della “plasticità cerebrale”. Pertanto è fondamentale la con- divisione del percorso diagnostico terapeutico tra specialisti (pediatra e neuropsichiatra infantile) e genitori con una sintonia da sostenere sulla visione e la cura del bambino che ben presto diventerà adulto.

Angelo Spataro (a cura di)
Pediatra di famiglia, ACP Trinacria, responsabile della Segreteria “Salute mentale” dell’ACP Quaderni acp 2011; 18(4): 149

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