Campus di terapia intensiva per autismo in Trentino – DETTAGLI DEL PROGETTO –

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Un campus di terapia intensiva con un percorso di intervento riabilitativo precoce destinato ai bambini autistici ad alto e basso funzionamento è la novità italiana dell’estate 2014, partita in Trentino (a Serrada di Folgaria presso il campo giovani) dal 29 giugno all’11 luglio. Si chiama ‘Terapia in vacanza’ ed è nuovo proprio perché punta a far giocare e lavorare insieme bambini con sviluppo tipico e atipico, mirando al raggiungimento, per i minori coinvolti nel disturbo autistico, di risultati evidenti in un arco temporale delimitato, con attività individualizzate e calibrate su obiettivi specifici in un contesto di quotidianità, divertimento e scambi sociali. I genitori non sono coinvolti nelle attività del Campus.

GLI ATTORI DEL PROGETTO- Partecipano al percorso terapeutico e ludico 13 ragazzini autistici (8 a settimana), 23 minori normodotati dai 4 agli 8 anni della Scuola del Bosco dell’associazione il ‘Cerchio Magico’ di Rovereto, 8 terapisti (che hanno conseguito un master di specializzazione per il lavoro sull’autismo, fatto presso l’Università di Trento) e 10 tirocinanti del Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione del dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive (ODFLab) dell’Università di Trento a cui si deve l’idea e la gestione dell’iniziativa.

GLI OBIETTIVI– “Gli obiettivi sono definiti in partenza sulla base degli input forniti dai genitori e da quanto osservato da noi- precisa la docente dell’Università di Trento- per i bambini ad alto funzionamento cerchiamo di incrementare le competenze sociali, puntando sui momenti di socializzazione con i bambini normodotati; per quelli a basso funzionamento spingiamo, ad esempio, a farli arrivare a richiedere l’oggetto con cui desiderano giocare”.

OTTO ATTIVITA’ DIFFERENTI- Le terapie sono monitorate per valutarne l’efficacia e in tutto sono previste 8 tipologie differenti di attività, “preferenzialmente svolte all’aperto, tra cui la musicoterapia, lavori motori come la danza, la Pet Therapy, la riabilitazione neurocognitiva per sviluppare le attività riabilitative sulle parti frontali- continua Venuti- il lavoro sul gioco per incentivare il coordinamento motorio, le attività di attenzione sociale per favorire il rispetto del turno e delle regole di gioco”. Queste attività sono strutturare sia in maniera individuale che di coppia o piccolo gruppo. “Al mattino e alla sera si incontrano i genitori per prospettare la programmazione, riportare i risultati e lavorare sulle modalità da seguire, specie per la comunicazione, nel contesto familiare”. I 13 bambini autistici non dormono nel campus, al contrario dei piccoli della Scuola del Bosco, però mangiano e cenano in autonomia dalla famiglia. Terapisti e tirocinanti li accompagnano in tutte le attività. “Il rapporto bambino/operatore è 1 a 1 perché è importante dare loro un forte senso di tranquillità- spiega Venuti, quale referente delle famiglie- alla fine di ogni settimana forniamo ai genitori delle indicazioni osservative e psicoeducative in base a quello che andrebbe fatto con i loro figli”.

TERAPIA CALIBRATA SU OGNI SOGGETTO- “La terapia è strutturata e definita per ogni ragazzino e abbiamo una settimana di tempo per realizzarla utilizzando gli elementi di base della comunicazione alternativa aumentativa- spiega Paola Venuti, direttore dell’ ODFLab- le attività variano ogni mezza ora perché questo è il tempo massimo di attenzione, dopo si stufano”.

L BILANCIO DELLA PRIMA SETTIMANA- La prima settimana è terminata ieri con “risultati sorprendenti- aggiunge la psicoterapeuta- in particolare per un bambino di Genova, che ha avuto miglioramenti incredibili nell’acquisizione di molte competenze. Ma per un giudizio definitivo aspettiamo la fine dei 15 giorni. Importanti però sono le occasioni di gioco e integrazione con i bambini con sviluppo tipico- sottolinea- perché pensavo dovessero essere più strutturate e invece non è stato così. Riteniamo infine che questa esperienza possa essere un importante contributo per diffondere tali metodologie anche in Italia- conclude il direttore di ODFLab- e per basare i programmi di intervento sui risultati della sperimentazione e non sul volontarismo e sul generico concetto di riabilitazione”.

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