Autismo: l’artista che utilizza le faccine (emoticon) per il riconoscimento emotivo

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I più recenti studi sui disturbi dello spettro autistico, così come l’esperienza clinica, hanno permesso di sviluppare una sempre maggior coscienza relativa a tale patologia.
Interessante è sapere che anche il mondo dell’arte si interessi allo spettro autistico, con i sui mezzi e i suoi linguaggi, e questo può permettere sia al clinico che a tutti coloro che hanno a che fare con l’autismo, di adottare dei punti di vista nuovi, differenti e magari anche decisamente originali per affrontare questa tematica.

Le emoticon (emoji per abbreviare) fanno parte della comunicazione digitale da circa 14 anni, e ogni utente può interpretare le loro caratteristiche secondo il proprio modo di vedere ( faccina imbronciata, arrabbiata, felice, assorta ecc.. ); le caratteristiche e i tratti distintivi delle emoji possono lasciare quindi alcune aree grige d’interpretazione personale, e ciò lascia spazio a possibile fraintendimenti nella comunicazione delle persone.

L’artista Newyorkese Genevieve Belleveau è affascinata proprio da questi fraintendimenti.
Il suo “pezzo”, l’ Emoji Autism Facial Recognition Therapy, è stata una delle opere più intuitivi e stimolanti all’ Emoji Art Show di Manhattan.
L’opera prende in esame i fraintendimenti che possono essere presenti nella comunicazione.
L’artista ha creato un catalogo di emoji con le corrispondenti emozioni, così come interpretato e tradotto da Siri (sistema di riconoscimento vocale di Apple ).

Il grafico [metti l’ immagine ] imita quello dello psicologo Paul Ekman sulle microespressioni dei movimenti facciali, il quale è molto usato nelle terapie con soggetti con disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento.

Genevieve Belleveau era in piedi sotto il cartellone, come una quasi terapeuta, e poneva domande alle persone su ciò che coglievano delle Emoji, come ad esempio: “Come risponderesti tramite le emoji se il tuo partner ti mollasse prima di venire qua alla mostra con te?”. Le risposte delle persone dovevano essere basate sulle emoji presenti sul cartellone.

Essendo una mostra d’arte, il suo posizionare la risposta sullo spettro di emoji non è certo scientifico, in ogni caso si tratta di un esperimento interessante e mostra come la capacità di ognuno di comprendere le caratteristiche di ogni emoji determini il posizionamento sulla scala.

“Il linguaggio letterale è un indicatore della sindrome di Asperger, così come le persone che erano molto letterali nelle loro interpretazioni hanno risposto senza molti dettagli”, infatti, dice Belleveau “ si trovavano nella parte inferiore dello spettro”.
Genevieve Belleveau ha studiato psicologia sociale e sociologia per creare i suoi lavori : “una delle questioni che cercavo di sollevare è appunto relativa all’autismo, e le conseguenti differenze tra normale-anormale. Si è parlato molto dello spettro autistico, se ci siamo dentro tutti oppure no. Il linguaggio è un mezzo molto rigoroso per esprimere le infinite capacità emotive degli esseri umani. Abbiamo bisogno di creare queste barriere[normale-anormale]? Che cosa possiamo fare per livellare il campo?

Potrebbe sembrare insensibile fare Pop Art di un così incredibilmente complesso disturbo come l’autismo. L’autrice stessa si descrive come una soft-psicologa e usa le sue performances e “riti sociali” per creare una narrazione che incarni il suo alter-ego (guaritrice/social media guru) per esplorare i modi di comunicare tradizionali e moderni che interagiscono fra loro.

La Genevieve Belleveau esamina le nostre difficoltà di afferrare il significato delle emoji e crea parallelismi con la difficoltà che le persone affette da autismo hanno di riconoscere le emozioni.

“Sono interessata alle relazioni tra le persone, e forse l’estetica relazionale è un altro modo di pensarci”, dice l’artista, “Il cuore di tutto questo è il perché certe persone vogliono connettersi con altre, cosa fanno per la relazione e cosa accade quando questa relazione non c’è più”

In questo racconto, l’Emoji Autism Facial Recognition Therapy collega i punti tra la nostra comprensione della malattia mentale e il modo in cui le tecnologie emergenti ci aiutino ad interagire fra di noi .

Il lavoro di Belleveau solleva questioni interessanti circa l’evoluzione della comunicazione digitale istantanea, la nostra interpretazione di tale comunicazione, e come i nostri fraintendimenti non sono così diversi dai tratti sociali che spesso stigmatizziamo. L’artista sostiene che questo lavoro ponga altre domande nel campo della comunicazione. Belleveau dice. ” Tutto questo è come io interpretavo ile speranze e i sogni e sentimenti di ogni partecipante . E’ stato davvero molto personale , non utilizzavo una psicologia fredda e clinica. Ho capito che non ne sono capace”.

Articolo in lingua inglese: http://www.wired.com/underwire/2013/12/emoji-autism-spectrum/?cid=16303724

Mostra: http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702304014504579248760501661686

 

Mauro Brembilla